“Le piace la vita, professor Fagioli?
La vita? Sì, sto benissimo.
Le è sempre piaciuta la vita?
Sì, penso di sì. Anche quando ci sono stati momenti difficili…”
Biografia
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Massimo Fagioli (Monte Giberto, 19 Maggio 1931 – Roma, 13 Febbraio 2017), è stato uno psichiatra psicoterapeuta noto per la scoperta della fantasia di sparizione, base di quella che lui stesso ha chiamato Teoria della nascita e per i seminari di Analisi collettiva. Medico, filosofo, artista ha fatto della propria vita e della prassi medica una costante fonte di ricerca sulla realtà umana. Ogni evento, situazione, vissuto è stato per lui uno spunto per osservare, pensare e conoscere quello che è sempre stato invisibile agli occhi della veglia e della coscienza.
“[…] non ho mai accettato che non ci fosse una cura per la malattia mentale”.
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LA PRIMAVERA DEL ’45
“[…]e senza che me ne rendessi conto ci fu una svolta nella primavera del 1945, in seguito a un incidente qualsiasi che può capitare a migliaia di persone. Evidentemente io ero maturo per l’apertura alla realtà non cosciente. Un compagno di scuola mi ferì un occhio. Ripeto: un incidente che succede a migliaia di persone, ma quello è stato un punto cardine per la svolta […]
invece di cadere nel vuoto, invece di avere avuto una reazione di annullamento, di negazione, di castrazione, di dissociazione […]
ho ritrovato un’immagine femminile. E un’immagine femminile che, senza che mi rendessi conto, deve essere stata alla base di tutto quello che ho fatto dopo, perché avevo conciliato, concordato, composto una mia lucidità mentale precisa per cui poi ho fatto tutta la mia strada dall’università alla specializzazione, alla ricerca psichiatrica”.
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GLI STUDI
Il 25 novembre 1957 si laurea in Medicina e Chirurgia ed invece di proseguire la carriera come chirurgo, decide di diventare psichiatra, rifiutando l’idea di una incurabilità della malattia mentale.
“Capitò uno, si sdraiò sul lettino, doveva fare un’iniezione endovenosa. Arrivò il chirurgo: «Che sta a fare questo?», «Deve fare un’iniezione endovenosa perché è stato dimesso dal manicomio, sta male», «Mandatelo in manicomio!», Cazzo, dico, come? Mandatelo in manicomio? Opera gli altri e questo… ‘mandatelo in manicomio’? No, a me questa storia non mi piace. Allora io, invece di fare chirurgia, faccio psichiatria. E lì decisi di fare psichiatria”.
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IL GIOVANE PSICHIATRA
Il 29 gennaio del 1958 giunge a Venezia per il suo primo incarico presso l’Ospedale psichiatrico dell’isola di San Clemente.
“Il manicomio di Venezia era uno dei più antichi d’Italia; nella sua splendida, straordinaria biblioteca c’erano i testi e le cartelle di cent’anni prima […]. E vedevo che i nostri cari antenati, quegli illustri psichiatri […] liquidavano tutti con una o due parole che erano quasi sempre le stesse. Una parola era “stolido”; qualcun altro più solerte, più intelligente, scriveva anche “anaffettivo”.
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Dopo soli due anni però, insofferente alla realtà manicomiale basata su un’idea organicista della patologia mentale, lascia Venezia per recarsi nel gennaio 1960 presso l’Ospedale psichiatrico di Padova
“alla ricerca di un pensiero che avesse avuto un interesse a comprendere, oltre l’anatomia del cervello, il funzionamento della mente umana”.
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“Quando poi andai a Padova il direttore dell’ospedale era Barison, un liberale molto aperto, che mi permise da subito, dal 2 gennaio 1960, di eliminare le regole. Abolimmo tutte le sorveglianze […]. A Padova mi furono affidati due reparti ― uno anche di cronici. Lì fu l’inizio forte sulla terapia, perché cominciai subito a fare psicoterapia di gruppo. Vivevo con i malati, mangiavo con loro, uscivo con loro, facevo gite a Venezia con loro. Era un reparto circondato da mura e io le buttai giù. Parlavo sempre, in continuazione, con loro. Dovevo capire qual era il punto, il fatto della malattia, tanto che chiedevo spesso: “Perché sei matto?” Sono rimasto tre anni, poi sono andato a fare la comunità terapeutica a Kreuzlingen, in Svizzera”.
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Ma, nonostante l’ambiente padovano gli avesse permesso di effettuare una serie di interventi psichiatrici rivoluzionari e innovativi per l’epoca e di scrivere due articoli che hanno gettato le basi per la futura ricerca sull’eziopatogenesi della malattia mentale e sulla prassi psicoterapeutica, dopo tre anni, nel gennaio 1963, Fagioli decide di andare in Svizzera, a Kreuzlingen, nel Sanatorium Bellevue diretto da Binswanger. E qui, con l’incarico di direttore della comunità terapeutica, approfondisce maggiormente sia la ricerca sulla malattia mentale che la prassi psicoterapeutica, in particolar modo di gruppo. Nel dicembre del 1963, poi, giunge a Roma.
1964, Roma
“Si era creata la possibilità di venire a Roma. Feci un’assemblea, lì a Kreuzlingen: “Io vado, massima libertà, se voi volete venite, se no restate qui…”. Vennero 19 pazienti su 20, tranne una vecchia tedesca cronica. Così sono venuti tutti a Roma, nel 1964, avevamo una bella villetta con tre piani…”.
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Dopo circa un anno, l’esperienza comunitaria giunge al termine perché, ancora una volta, Fagioli sente di non poter affrontare il proprio lavoro in totale libertà.
“La comunità per me era una ricerca, ovviamente; per l’altro [*] era un affare, un’impresa economica e allora ho fatto l’analista individuale per dieci anni, fino al 1980”.
*la persona con cui aveva fatto una cooperativa-società, ndr
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“[…] misi su un bello studio di analista individuale e facevo delle analisi individuali. Non voglio dire che facevo delle porcherie, insomma… Però finii così, con giacca e cravatta nello studio, magnifico, con tutti i begli orari, tutte le belle ore, tre quarti d’ora, dieci minuti d’intervallo, arriva uno, segretaria, telefono, appuntamenti…”.
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I PRIMI TRE LIBRI
E saranno proprio questi “tre quarti d’ora” con “dieci minuti di intervallo” a permettere al nostro di definire in modo più strutturato quella che poi prenderà il nome di Teoria della nascita. Il 15 gennaio 1972, infatti, esce la prima edizione di Istinto di morte e conoscenza.
“Ora, vedo il mio pellegrinare tra Venezia, Modena, Padova, Kreuzlingen, Roma. Penso alla continua elaborazione del pensiero e alle soste nelle varie città in cui vedevo il grande vuoto sotto una palude mossa soltanto dallo strisciare di serpenti velenosi. Scrissi Istinto di morte e conoscenza. In esso, dopo aver denunciato «l’assenza dell’analista», racconto la storia di un caso di schizofrenia. Non era soltanto la descrizione dei sintomi di un malato, ma la proposizione di uno psichiatra che aveva realizzato una possibilità di cura con la psicoterapia basata su tre pilastri: setting, transfert, interpretazione.
Poi c’era un secondo capitolo intitolato Fantasia di sparizione e istinto di morte, e un terzo, un quarto, un quinto. […] Forse quel titolo avrebbe dovuto essere scritto: La conoscenza dell’istinto di morte, che avevo raggiunto trasformando l’istinto di morte, che nell’essere umano non sono parole, in pulsione di annullamento. Ma anche così non avrei detto la verità perché la vita umana inizia con il pensiero che è fantasia di sparizione.
Proposi così la contraddizione dei due termini: «fantasia» che, da sempre, indica le immagini, con «sparizione» che spinge il pensiero alla parola «inesistenza». Non ho modificato le parole ma ho creato una composizione che non indica qualcosa di percepibile, ma parla di un invisibile che può essere soltanto pensato.
Poi, avendo dato alla parola trasformazione la sua identità togliendola dall’osservazione dell’essere umano che cade nella distruzione della malattia mentale, l’ho sostenuta con gli anelli della catena fatta dalle parole «fare di ciò che è ciò che non è e, simultaneamente, ovvero senza tempo, fare di ciò che non è ciò che è». È il rapporto interumano senza pensiero verbale, espresso dalle parole prese a prestito dalla coscienza «speranza-certezza che esiste un seno»”.
“Poi, passarono alcuni anni […]. Fino a che fui colto, quasi di sorpresa, da un travaglio di parto che doveva rivelarsi trigemino e che durò quasi quattro anni”.
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A novembre del 1974 esce, infatti, La marionetta e il burattino e, dopo appena qualche mese, nel gennaio 1975, viene pubblicato il cosiddetto “terzo libro”, Teoria della nascita e castrazione umana.
“Non posso però dimenticare che fu tutto il corpo a realizzare una prassi ‘strana’, ovvero un movimento della mano che oscillava verso destra e verso sinistra come se la penna fosse l’asticella di un metronomo. Avevo, infatti, una risma di fogli bianchi sulla sinistra e una a destra, e scrivevo qualche pagina ora nell’una, ora nell’altra. Diventarono i due volumi dal titolo: La marionetta e il burattino e Teoria della nascita e castrazione umana”.
L’ANALISI COLLETTIVA
È sempre nel 1975 che avviene qualcosa che renderà unica, insieme alla scoperta scientifica, la prassi terapeutica di Fagioli; invitato all’Università “La Sapienza” di Roma per effettuare supervisioni cliniche a colleghi psicoterapeuti, Fagioli, dopo qualche mese, “risponderà” ad una domanda mai fatta prima.
“Poi venne il 13 gennaio 1976. Dal fondo della piccola stanza gremita comparve una parte del volto di una donna che disse: «Ho fatto un sogno». E lo raccontò. Non c’era più lo studio professionale riservato e silenzioso, c’era un Istituto di Psichiatria, aperto a tutti. E la stanza era piena di sconosciuti. Ascoltai rimanendo fermo e non ricordo cosa dissi, rispondendo. So che non mi rifiutai al rapporto che era nuovo: libero con sconosciuti. Compresi che il metodo dell’analisi individuale sul lettino era scomparso. Comparve una realtà di rapporto interumano che non era mai esistito. Poi, tanti, raccontarono i sogni e io risposi sempre meglio rispetto alla prima volta in cui avvenne un nuovo assoluto: accettare il rapporto che non aveva una razionalità che ordina i comportamenti”.
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Così è iniziata l’Analisi collettiva. “Una creazione di massa” (Left 2008, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2011, p.180), una realtà di cura, formazione e ricerca che ha come cardine l’interpretazione delle immagini oniriche.
“Ma è vero che ha interpretato più di centomila sogni?
Anche duecentomila!
Anche duecentomila sogni.
Quarant’anni: quattro ore e quattro volte la settimana, sedici ore la settimana per quarant’anni”.
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Dopo quattro anni dall’inizio dell’Analisi collettiva, nell’aprile del 1980, esce un quarto libro, Bambino donna e trasformazione dell’uomo.
“Doveva essere un’intervista rapida, estiva, una eccitazione passeggera in mezzo alle altre. Invece è cresciuta, come una pancia, e diventa volume”.
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L’Asino d’oro edizioni, Roma 2013
“Era il nominato quarto libro che avevo scritto, dopo quattro anni, da quando avevo accettato la sfida di una donna che mi chiedeva di non fuggire ma di rispondere e cercare insieme il pensiero da sempre sconosciuto. Anche se la parola ‘insieme’ trasformò spesso le sue lettere in frecce avvelenate, non ero più solo”.
Nello stesso anno, l’Università decide di interrompere la collaborazione e Fagioli, per impedire l’interruzione dell’Analisi collettiva, trova una sede adatta ad accogliere le centinaia di partecipanti a questa “particolare” psicoterapia di gruppo. Il 10 novembre 1980 si tiene il primo seminario a via Roma libera 23.
Per raccontare i successivi 36 anni non basterebbero volumi interi; ciò che è certo è che lo psichiatra dell’Analisi collettiva con la sua Teoria e l’incessante ricerca sul pensiero umano ha reso possibile la cura e la realizzazione di centinaia (o forse migliaia) di persone. Potremmo dire che, da quel momento, la vita di Fagioli è stata visceralmente legata ad una storia mai esistita prima.
“Vidi l’immagine non pensabile dell’Analisi collettiva che fu dialettica mortale. Avevo avuto sempre uno strano amore per un rapporto, mai esistito, tra un ragazzo “indiano” e la realtà della mente umana, detta inconscio, di migliaia e migliaia di persone sconosciute”.
“Senta professore, ma le sue sedute di psicoanalisi collettiva Lei le fa sempre?
Sempre! Sono ormai quaranta anni, quattro giorni alla settimana, venti ore alla settimana da quarant’anni e la gente sta molto meglio, sta molto bene. Ci sono casi, situazioni frequentissime, di gente che venne, magari quindici anni fa, con la malattia mentale manifesta, con le allucinazioni. Adesso è guarita, sta benissimo. Perché? Perché ho dei pensieri sulla verità della realtà umana che non c’erano nella psicoanalisi, come questo dell’uguaglianza della nascita. Perché c’è l’idea che quel terzo di vita è perversione, è inconscio perverso, è pazzia, è il Male della Bibbia, la cattiveria naturale, la natura umana cattiva. Non è vero! Non è vero! Cattivi ci si diventa”.
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IL RAPPORTO CON LE IMMAGINI
In tutti questi anni Fagioli, oltre a portare avanti le sedute settimanali di psicoterapia di gruppo, si è trovato più volte a dover rispondere a stimoli apparentemente lontani dal campo psichiatrico; dall’architettura al cinema, dalla politica all’economia (solo per citarne alcuni), sfruttandoli per approfondire quella ricerca continua sulla realtà mentale umana.
“Gli architetti, una volta visto che io avevo fatto immagini evidentemente apprezzabili nel cinema, mi portavano sempre, ogni volta, dei progetti che avevano da fare. E io mi mettevo a fare progetti insieme a loro senza avere nessunissima preparazione. Loro, dopo, mettevano il computer, mettevano la parte tecnica, io facevo le idee, i disegni, le immagini, ecco! Costruivo quindi le immagini e disegnavo immagini. Prima dell’Analisi collettiva non avevo mai né disegnato, né fotografato, non mi interessava né la macchina fotografica, né il disegno.
Invece con questa storia di questo particolare lavoro in cui è venuto fuori, diciamolo pure, l’irrazionale, è venuta fuori la fantasia, è venuto fuori l’inconscio, queste centinaia e migliaia di persone anonime, perché non chiedo nemmeno il nome a nessuno, hanno chiesto una risposta, non tanto una risposta razionale, tecnica, da medico, di scienza positiva, quanto hanno chiesto una realizzazione di una identità inconscia che si esprime mediante una fantasia”.
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Contributi vari
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QUARANTA ANNI DI ANALISI COLLETTIVA
Negli anni successivi i libri da quattro sono diventati venticinque.
Nel 1992, inizia la pubblicazione della rivista trimestrale di psichiatria e psicoterapia “Il sogno della farfalla”, fondata da un gruppo di psichiatri che si avvalgono dell’opera teorica di Fagioli e della prassi dell’Analisi Collettiva. Su queste pagine Fagioli, nel corso degli anni, scriverà importanti articoli psichiatrici come, ad esempio, Una depressione, pubblicato per la prima volta nel 1993, e La psichiatria come psicoterapia, pubblicato nel 2013.
Dal 2002 al 2012 Fagioli è stato docente di Psicologia Dinamica presso l’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti e dal 2006 al 2017 ha scritto settimanalmente, per Left, la rubrica Trasformazione ed entrambe le esperienze sono diventate volumi nei quali la “Storia di una ricerca” e la Teoria della nascita vengono spiegate, elaborate e approfondite.
Oltre quaranta anni di una ricerca in cui Fagioli ha dimostrato che essere esseri umani non solo è possibile ma, anzi, è doveroso. Forse ci vorranno altri quarant’anni, ma quello che è certo è che con questa storia e questa Teoria
“le nuove generazioni non saranno più quelle di prima, di sicuro”.
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Vedi il video del convegno del 06 Novembre 2015 Sapienza Università di Roma
“Potrebbe accadere che alcuni sentano il messaggio che non tutte le cose che non iniziano bene, finiscono male. Che la possibilità di curarsi esiste ed è reale. […] Possibilità di cambiare, di separarsi, di trasformarsi. Perché viene l’inverno, il lavoro costante, la lotta continua, la coerenza importante. La mente lucida per la cura di tutti. La scienza.
La necessità della scienza per dare agli altri un’altra estate”.
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L’Asino d’oro edizioni, Roma 2013